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LA TEMPERANZA
La virtù della temperanza, nell’ambito della filosofia greca, è sintetizzata da Aristotele nell’ “Etica Nicomachea” nel principio in medio stat virtus.
Secondo quel grande pensatore la temperanza consiste nel desiderare con misura e come si deve ciò che è un bene per l'uomo.
Essa riguarda esclusivamente i piaceri del corpo, in particolare tatto e gusto che "si rivelano piaceri servili e bestiali".
I due vizi collegati sono l'intemperanza e l'insensibilità; l'intemperante pecca per eccesso, desiderando o ciò che non si deve o più di quanto si deve, mentre l'insensibile per difetto.
Per Cicerone, nel “De Officiis”, la temperanza è la moderazione, vale a dire il pieno acquietamento delle passioni e la giusta misura in ogni cosa.
La definizione che ne dà Wikipedia è semplicementequesta: temperanza, dal latino temperantia, è la virtù della pratica della moderazione.
Il Vocabolariuo Treccani, invece, fa notare come nell’etica classica, essa è la virtù che permette l’uso equilibrato dei piaceri corporei, conformemente alla retta ragione, mentre nella teologia cattolica è una delle quattro virtù cardinali: la moderazione in genere.
Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, la temperanza è la virtù morale che modera l'attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell'uso dei beni creati.
Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell'onestà
Rilevante, in merito è il messaggio inviato alla Fao da Papa Francesco nella Giornata Mondiale dell'Alimentazione pubblicato sul sito “Vatican News”.
“È quindi necessaria una conversione del nostro modo di agire, e la nutrizione è un importante punto di partenza. Viviamo grazie ai frutti del creato e questi non possono essere ridotti a mero oggetto di uso e di dominio”. La via da percorrere è quella di coltivare “stili di vita ispirati ad una visione riconoscente di ciò che ci viene dato, cercando la temperanza, la moderazione, l’astinenza, il dominio di sé e la solidarietà: virtù che hanno accompagnato la storia dell’uomo”. Un ritorno alla semplicità e alla sobrietà e con attenzione ai bisogni degli altri, per consolidare “i nostri legami in una fraternità che miri al bene comune ed eviti l’individualismo e l’egocentrismo, che producono solo fame e disuguaglianza sociale. Uno stile di vita che ci permetterà di coltivare un rapporto sano con noi stessi, con i nostri fratelli e con l’ambiente in cui viviamo”.
Molto interessante e visivamente oltre che simbolicamente esplicativa è la rappresentazione della temperanza nell’arte, essa infatti viene spesso rappresentata dagli artisti. Un esempio è fornito dal dipinto del 1470 di Piero del Pollaiolo, conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
La Temperanza, definita come la virtù del "giusto mezzo", è una giovane fanciulla, che esprime, con i codici mimetici e gestuali, calma, compostezza e autocon-trollo e che stempera il vino con l’acqua, simboli di concetti antitetici, come purezza e sensualità, semplicità e lusso, eccesso e sobrietà.
Siede su un trono, simbolo del dominio di tale virtù nell'animo.
Scopo della temperanza è in conclusione quello di governare nella persona umana gli slanci propri della sua natura.
Il suo compito è quello dominare gli impulsi evitando gli eccessi fisici ed emotivi. E' nemica quindi delle iperboli.
La sua funzione è moderare gli slanci della natura umana. Non si oppone alle inclinazioni, ai desideri, alle simpatie, alle preferenze ma li fonde insieme in giusta misura, invitando a farne un uso ordinato e armonioso.
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