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Origini e Storia della Libera Muratoria

La Libera Muratoria nelle sue Tappe Storiche più importanti

Le origini della moderna Massoneria speculativa risalgono al 1717, quando le logge inglesi si riunirono a Londra per dar vita a un’istituzione comune, la Gran loggia, sorta per iniziativa di J. Desaguliers, un rifugiato ugonotto, di J. Anderson, un pastore della Chiesa scozzese, e di G. Payne, futuro gran maestro.

Fu quello l’atto conclusivo di un percorso avviato in Scozia e in Gran Bretagna nel secolo precedente, quando le antiche corporazioni di muratori e di architetti, originariamente dedite a tramandare le segrete regole del mestiere e a garantire tutela e assistenza agli affiliati, cominciarono ad ammettere soggetti estranei all’≪arte muratoria≫ e abbandonarono progressivamente scopi operativi per dedicarsi agli interessi filosofici e culturali. In quelle prime logge massoniche si respirò un generico cosmopolitismo umanitario, un ideale astratto di liberta e di fratellanza morale, un naturalismo newtoniano e deista che si congiunse con la più ampia tolleranza in materia religiosa, un sincero rispetto per le leggi dello Stato. Esse cominciarono così ad accogliere anche esponenti dell’aristocrazia, delle classi colte e persino degli ambienti ecclesiastici, tutti accomunati da questi valori e, più in generale, dal favore con cui guardarono al diffondersi delle ideologie illuministiche. La nascita della Gran loggia di Londra sancì dunque l’inizio della definitiva istituzionalizzazione della Massoneria britannica, che trovò in essa un modello organizzativo cui uniformarsi e una fonte di legittimazione. Questa progressiva assunzione di un ruolo guida all’interno della Massoneria inglese e poi più tardi anche di quella europea è in larga misura da attribuire alla pubblicazione, a opera di Anderson, delle Constitutions del 1723, che da quel momento rappresentarono il principale quadro normativo di riferimento dell’intero universo liberomuratorio. Le Constitutions imposero agli affiliati di non occuparsi di questioni politiche e religiose e di rispettare le leggi fondamentali di ciascun Paese. L’adozione di questo corpus normativo fece però sì che il rapporto tra i fratelli all’interno delle logge assumesse un carattere contrattualistico e costituzionale, in virtù del quale esse si distinsero da tutti gli altri club o associazioni. Conseguentemente le logge divennero non più soltanto un luogo di sociabilità e di convivialità fraterna, ma una palestra per l’esercizio della libera discussione e dello spirito critico, in una parola una scuola di democrazia. In definitiva uno dei luoghi, come ha osservato J. Habermas, dove si venne formando la società civile e la sfera pubblica borghese. Immediatamente avversata dalla Chiesa cattolica, che ne percepì il potenziale di dirompente rottura rispetto agli equilibri sociali e politici esistenti, la Massoneria già nel 1738 fu colpita dalla prima condanna pontificia. La bolla In eminenti emanata da papa Clemente XII, che fu comunicata a tutte le corti cattoliche europee e poi richiamata in innumerevoli documenti da altri pontefici, stabiliva, sotto pena di scomunica, il divieto di affiliazione alla Massoneria e ad altre associazioni consimili. Per un certo tempo, tuttavia, questo bando cadde nel vuoto. I decenni centrali del 18° sec. videro infatti l’affermarsi in Europa del libertinaggio religioso e di tendenze anticuriali, che fecero proseliti anche fra molte teste coronate. Si crearono perciò le condizioni favorevoli per una diffusione della Massoneria, che fin dagli anni Venti e Trenta comincio a irradiarsi nell’Europa continentale e oltre Atlantico a opera perlopiù di diplomatici, artisti e membri di accademie. Durante la guerra di Successione austriaca (1740-48) gli ideali e il modello associativo della liberomuratoria conobbero poi un’ulteriore espansione grazie alla nascita di logge militari, che ebbero particolare diffusione nel mondo germanico. Questo legame fra Massoneria e mondo militare sarebbe rimasto solido anche nei secoli successivi e in vari Paesi, fra i quali l’Italia, legittimando le accuse di coloro che nel doppio giuramento di fedeltà prestato dai quadri medio-alti delle forze armate (allo Stato e all’obbedienza liberomuratoria) avrebbero visto – non senza qualche ragione – una minaccia per la sicurezza nazionale o un oscuro strumento di pressione sul potere politico e sulle sue articolazioni democratiche. Intorno a meta Settecento, in ogni caso, il problema non si pose e varcarono con disinvoltura le soglie dei templi massonici anche principi e sovrani, fra i quali Federico II di Prussia e il duca di Lorena Francesco Stefano, che dal 1745 al 1765 resse l’impero d’Austria in nome della consorte Maria Teresa d’Asburgo. La logica cortigiana e l’indubbio fascino esercitato dai rituali e dai percorsi iniziatici rappresentarono un elemento di attrazione per il ceto aristocratico, che prese a frequentare le logge con assiduità. Da quest’ultimo punto di vista – il radicamento nell’élite nobiliare – la Massoneria settecentesca ebbe una fisionomia peculiare, che non è dato rinvenire nei secoli successivi, a partire cioè dalla cesura napoleonica e dall’età della Restaurazione. La Massoneria europea ottonovecentesca ebbe infatti un profilo socioprofessionale molto diverso, raccogliendo la grande maggioranza dei suoi affiliati nelle fasce sociali della piccola e media borghesia dei commerci, delle professioni e degli impieghi, con una presenza di aristocratici ormai marginale e con una ridotta capacità di proselitismo anche nell’alta borghesia produttiva, in specie nel segmento imprenditoriale e finanziario. Restando al Settecento, occorre dire che al successo dell’istituzione massonica contribuì anche l’adesione di personaggi illustri: da Montesquieu a Voltaire, da J.B. d’Alembert a J.W. Goethe, da C.W. Gluck a F.J. Haydn, oltre a W.A. Mozart, nel cui percorso creativo l’appartenenza alla libera muratoria ebbe un peso notevolissimo. Anche in Italia scienziati e uomini di lettere – valga per tutti il caso di V. Alfieri – videro nella Massoneria uno strumento duttile e universale di circolazione dei saperi e una rete di rapporti comunicativi in grado di renderli subito partecipi di quella république des lettres che si andava plasmando in Europa. Il legame tra Massoneria e politica si fece più stretto tra la fine del sec. 18° e l’inizio del 19°. Dentro le diverse obbedienze cominciarono a diffondersi ideali e progetti politici di carattere oppositivo, che mettevano in discussione il potere assoluto dei sovrani, proclamavano principi egualitari e sperimentavano forme associative di tipo settario. Durante il periodo rivoluzionario e giacobino non poche logge si trasformarono in vere e proprie sette, producendo quello che G. Giarrizzo ha descritto come passaggio da una società dei segreti, che tramandava conoscenze riservate agli iniziati, a una società segreta con scopi cospirativi. Nell'età napoleonica, poi, la Massoneria divenne una sorta di longa manus del potere politico, che se ne servì come strumento di canalizzazione del consenso e come una camera di compensazione fra i diversi segmenti delle élite economiche, burocratiche e militari del regime. Per quanto riguarda più specificamente la penisola, con la nascita nel 1805 del Grande oriente d’Italia si costituì per la prima volta un unico centro di aggregazione della Massoneria su scala nazionale, elemento che non poco contribuì a fare delle logge un veicolo di circolazione delle nuove idee liberali e un luogo di elaborazione del sentimento patriottico. Questa progressiva strutturazione su base nazionale delle diverse obbedienze massoniche, che fece tutt’uno con l’affermarsi dello Stato-nazione ottocentesco, produsse una profonda cesura rispetto alla tradizione latomistica del Settecento. Fu uno degli aspetti qualificanti di quel processo di politicizzazione che interesso soprattutto le Massonerie latine e mediterranee e lasciò più immuni quelle anglosassoni e nordamericane. Fra l’altro, ciò ebbe come conseguenza la crisi di un concetto caro ai massoni del secolo dei lumi, il grande progetto della ≪repubblica universale dei liberi muratori≫, la cui matrice cosmopolita si rivelò inconciliabile con gli ideali nazionalistici e con le istanze indipendentistiche dei movimenti patriottici, che proprio dalla Massoneria trassero non di rado alimento. Mentre continuava a teorizzare l’idea della fratellanza universale e coltivava l’utopia planetaria di una patria comune dell’intera umanità, ogni obbedienza finì con l’assecondare di fatto le aspirazioni (e gli appetiti) delle diverse élite nazionali. Rimasta sostanzialmente estranea al Risorgimento perché messa al bando in tutti gli Stati preunitari e perseguitata dalle polizie, in Italia la Massoneria riemerse nel 1859, al termine della seconda guerra d’Indipendenza, e da allora si identificò con le classi dirigenti liberali. Dapprima con quelle di ispirazione cavouriana, che videro in essa un utile network per legare le élite patriottiche della penisola alla dinastia sabauda e al progetto liberale di Cavour. Quindi, e in misura assai maggiore, con gli esponenti della sinistra costituzionale (da A. Depretis a F. Crispi e G. Zanardelli, tutti massoni attivi) e del movimento democratico garibaldino (a cominciare da G. Garibaldi stesso, insignito addirittura della carica di gran maestro), che avrebbero governato il Paese dopo la cosiddetta "rivoluzione parlamentare" del 1876. La Massoneria italiana postunitaria dedicò un’attenzione tutto sommato marginale agli aspetti iniziatico-esoterici e alle questioni rituali, che pure negli anni avrebbero dato luogo a cesure profonde fra i vari gruppi, la principale delle quali, consumatasi nel 1908, portò alla nascita di una seconda importante obbedienza tuttora in attività, la Gran loggia d’Italia, cd. di piazza del Gesù-palazzo Vitelleschi. Al centro della sua azione vi furono finalità politiche, che si concretizzarono in un ambizioso progetto di laicizzazione e di modernizzazione del Paese, alla cui guida avrebbero dovuto porsi le élite della società civile plasmate dal verbo progressista della Massoneria. Il radicalismo, inteso come tendenza legalitaria di sinistra, laica e riformista, rappresentò l’opzione privilegiata dei massoni francesi, italiani e spagnoli. L’anticlericalismo, perlopiù concepito come irriducibile avversione alla Chiesa cattolica, costituì il principale elemento di coesione del radicalismo massonico europeo. Proprio nello scorcio iniziale del Novecento affiorarono però nuove correnti spiritualiste e gruppi teosofici, che esprimevano un moto di repulsione verso il razionalismo positivista imperante nel periodo precedente e verso la degenerazione di un certo modo d’intendere l’esperienza massonica, che era stata causata dall’eccessiva politicizzazione delle logge. Emblematico fu il successo incontrato dal nuovo ordine dei martinisti – fondato in Francia nel 1884 e irradiatosi fino nella Russia – che si dedicava alle scienze ermetiche e alle credenze gnostiche. Altrettanto rivelatore fu il grado di diffusione raggiunto dalla Società teosofica, sorta nel 1875 a New York per iniziativa della russa H.P. Blavatskij, che credeva nella reincarnazione e teorizzava la fratellanza universale dell’umanità. Di lì a poco, la cesura introdotta nei comportamenti collettivi dalla Grande guerra e l’avvento della società di massa avrebbero modificato la cornice sociale e politica all’interno della quale la Massoneria aveva potuto giocare un ruolo cosi incisivo, facendosi strumento di secolarizzazione e di modernizzazione della società civile. Da quel momento altri protagonisti le avrebbero sottratto la scena, costringendola a recitare una parte tutto sommato marginale nelle vicende del ≪secolo breve≫. Il fascismo bandì la Massoneria nel 1925, e nel corso del Novecento essa ha subito analoghe forme di persecuzione in tutti i regimi totalitari, dall’Unione Sovietica alla Spagna franchista. Ha continuato invece a prosperare in Gran Bretagna e soprattutto negli Stati Uniti, dove ha raggiunto livelli di diffusione molto elevati nelle middle classes urbane, dedicando poca attenzione alla sfera politica e concentrandosi sulle tradizionali attività speculative e filantropiche. In Italia, dove si è ricostituita nel 1944, ha conosciuto vicende travagliate, segnate dal faticoso processo di riorganizzazione del periodo postbellico e poi dallo scandalo della loggia P2, di complesse trame politico-affaristiche culminate nel 1981 nel suo scioglimento.

fonte del testo

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Fu da lì che l'allora Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Prof. Giuliano di Bernardo, dopo aver collaborato con la giustizia, rassegnò le proprie dimissioni ed insieme ad altri fratelli, fondò nel 1993 la Gran Loggia Regolare d'Italia, una nuova obbedienza massonica che si ispirava ai veri e puri valori iniziatici anglosassoni, nello stesso anno, venne tolto il riconoscimento al Grande Oriente d'Italia da parte della Gran Loggia Unità d'Inghilterra, mentre in data 8 dicembre 1993 venne dato alla neo nata Gran Loggia Regolare d'Italia.

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